ALL’INTERNO:
La Qualità è insieme l’origine di tutte le cose ed è l’oggetto e il fine del lavoro quotidiano di qualsiasi organizzazione produttiva o di qualsiasi persona al lavoro. 

Presentazione

La Qualità è insieme l’origine di tutte le cose ed è l’oggetto e il fine del lavoro quotidiano di qualsiasi organizzazione produttiva o di qualsiasi persona al lavoro.
Suona astratto?
Oppure il tema della Qualità è attuale e reale?
Vediamo.
Sono dell’inizio 2003 le parole accorate del Capo dello Stato che ha chiesto ai nostri imprenditori “uno scatto di orgoglio per tornare ad essere competitivi“. Parole condivise sia dall’ex segretario generale della Cgil che non smette di parlare della “necessità per le imprese italiane di elevare la qualità dei loro prodotti” che dal presidente uscente degli industriali italiani che dall’inizio del suo mandato sottolinea come sia “impensabile che la competitività si faccia senza qualità e solo abbassando i costi, per cui è prioritario portare gli investimenti non sui processi produttivi, ma proprio sui prodotti“.
Ora, l’obiettivo primario di un’impresa e di chiunque lavori è, naturalmente, il denaro: fare profitti.
E tutti vorremmo farne tanti e con il minimo sforzo.
Ma il fatto è che prodotti e servizi per i quali le imprese e noi stessi veniamo pagati – e valutati – dai nostri clienti sono in concorrenza sul libero mercato; che non è un’astrazione di intellettuali naïf. Ma la causa, per esempio, del prossimo fallimento dell’industria dell’auto italiana.
Gli italiani vedono la pubblicità, si informano sui vari modelli di auto, visitano il concessionario, chiedono i prezzi e valutano la qualità.
E comperano un’auto straniera.
Così, in 10 anni, non appena i dazi doganali sono calati e il mercato europeo si è aperto, ecco la catastrofe industriale, economica ed umana cui stiamo assistendo.
Mentre analoghi processi di apertura dei mercati stanno per toccare le banche, le assicurazioni, tutte le aziende di servizi, i trasporti, l’editoria e il resto dell’industria manifatturiera. E persino i luoghi turistici italiani devono temere la concorrenza dei bei Paesi vicini all’Italia che offrono servizi di qualità crescente a prezzi più bassi.
D’accordo con l’Antitrust italiano che le ha multate, voi potreste obiettare che le assicurazioni, invece, si sono messe d’accordo e che i prezzi delle polizze siano triplicati proprio dalla liberalizzazione voluta dalla UE.
Ma avete sentito parlare di Internet e di assicurarsi on-line? Magari con una nuova compagnia straniera che offra polizze a un terzo del prezzo della concorrenza che vi aspetta, gongolando, in ufficio?
Cinque anni cinque e i signori delle assicurazioni inizieranno a soffrire le pene che hanno già iniziato a soffrire i loro colleghi delle agenzie di viaggio e quelli delle aviolinee. E allora inizieranno i problemi pure per loro.
Si chiamano concorrenza e tecnologia, darling.

Le amministrazioni pubbliche non funzionano? Il personale pubblico lavora al massimo 3 ore al mattino e poi “recupera”? I professori universitari e i ricercatori degli Enti di ricerca pubblici non fanno nulla?
D’accordo, direte voi. Loro sono al di fuori del libero mercato. Non devono competere per il denaro dei clienti; ma devono servire la comunità. Cioè, gli altri.
Non ci interessa.
E invece ecco: gli investimenti stranieri in Italia sono i più bassi d’Europa; i giovani si laureano “turandosi il naso”, non sanno come scrivere un curriculum e non hanno nessuna esperienza pratica nemmeno se hanno frequentato corsi di laboratorio o fatto stage in impresa: così, alla prima opportunità (e specialmente i più bravi) lasciano il nostro Paese alimentando un devastante fenomeno di brain-drain che svuota l’Italia del suo stesso futuro privandola delle sue risorse più importanti.
Le imprese internazionali non fanno nuovi investimenti in Italia perché – a parte quelle ben inserite da molti anni nel circuito delle forniture pubbliche – non vogliono avere a che fare con una pubblica amministrazione inefficiente e un sistema legislativo monstre, unico al mondo, con oltre 50mila leggi e svariate migliaia di regolamenti regionali, provinciali e comunali.
E con tassi di corruzione da Terzo Mondo dove i continui arresti per le forniture sanitarie alle varie Asl o quelli per i lavori stradali – dalla ricca Lombardia, alla povera Calabria – rendono ben chiaro a tutti, manager internazionali e imprenditori italiani, il modo con cui si approvvigionano le amministrazioni pubbliche italiane.
In Borsa a Milano ci sono meno di 300 aziende quotate, di cui molte sono holding con infinite partecipazioni in un mercato opaco e privo di efficienza in cui — e ben prima del caso Parmalat — già nell’introduzione del libro si legge come “il sistema della certificazione d’impresa sia profondamente corrotto“; mentre la new economy ha svuotato le tasche ai risparmiatori che non hanno resistito alle sirene del denaro che genera denaro, pregiudicando per molti anni a venire qualsiasi possibilità di sviluppo del mercato azionario.
Nel Paese ci sono poi 4,3 milioni di PMI con un numero medio dipendenti inferiore a 4; 1400 persone muoiono sul lavoro ogni anno, 1 milione si infortunano seriamente e il 30% del PIL viene prodotto in nero.
Eppure, siamo lo stesso diventati ricchi, noi italiani. La decima economia del mondo, oltre che Paese membro del G8.
Tutto bene, allora? Beh, il fatto è che naturalmente si tratta di un sistema di crescente inefficienza e privo di qualità, in cui il 22% delle imposte raccolte va a pagare interessi sul debito pubblico accumulato (il più ingente d’Europa) e il resto viene inghiottito da sanità, pensioni e scuola (l’ultima dei Paesi Ocse ad ogni rivelazione degli ultimi 10 anni): lasciandoci senza risorse per finanziare la ricerca e l’innovazione tecnologica o anche solo per rinnovare la rete delle infrastrutture, ferma da oltre 20 anni.
Coi risultati che si vedono.
Una situazione insostenibile; che noi italiani dobbiamo cambiare, persone e imprese, per evitare di esserne travolti.
Cambiare ispirando il nostro lavoro alla qualità è quello che possiamo e dovremmo fare. Ma se state pensando all’ISO 9000 e alla ridicola certificazione d’impresa, siete fuori strada.

Estratto del Capitolo 1 ”Quality management”

Unitec (www.unitec.it) lavora anche sulla base delle idee del ”pensare snello” teorizzate e applicate da Jim Womack e Dan Jones in ”Lean Thinking”, Simon&Schuster (1996).
Supervisionavo le linee produttive che utilizzavano i nuovi robot -dice l’ingegnere napoletano Vincenzo Marinoed ero frustrato da quanto tempo i robot stessero fermi aspettando di processare forniture che non arrivavano mai puntuali e corrette”.

Napoletano, 44 anni, Marino lascia il colosso multinazionale dell’auto italiano e fonda la Unitec. Ma invece di fondarla nell’hinterland della sua Città, trova sede ad Augsburg, nei pressi di Monaco di Baviera, cuore produttivo dell’Europa ”perché -dice- per lavorare a Napoli, almeno fino a qualche anno fa, o scendevi a compromessi con politici o a patti con la camorra”.

Dal Sud della Germania Unitec offre alle imprese di tutta Europa, incluse quelle dei famosi distretti italiani, la possibilità di affidare alla sua impresa la gestione completa delle forniture: ”Supply chain management in outsourcing”.

L’idea è semplice quanto geniale: mettere in connessione (via Internet) aziende, anche concorrenti, che operano sullo stesso territorio e fargli condividere il magazzino abbattendo i reciproci costi passivi legati all’inutile accumulo di scorte e delegando ad Unitec la fornitura di quanto necessario alle singole imprese parte del network che scelgono di condividere i costi (e il rifornimento) del nuovo magazzino comune.

In questo modo Unitec dà soluzione ad uno dei problemi chiavi della gestione della qualità: la logistica. E i ritardi, gli errori e la costosa dispersione temporale, delle forniture di beni alle imprese che oggi rischia di essere il freno decisivo a uno sviluppo ulteriore delle PMI italiane che si internazionalizzano con la globalizzazione dei mercati.

Libro di Mario Pagliaro
VII edizione, gennaio 2004 – 334 pp. formato A4
256 fotografie, 80 riferimenti a libri, articoli e siti web.
Con la prefazione di Stefano Casini e gli interventi della Medaglia Goethe Leoluca Orlando e di Antonio Tombolini, Mario Rosso, Antonello Perricone, Giacomo Silvestri, Alex Sorokin, Igor Righetti, Michele e Romano Bonfiglioli